Ricorso  (ex  art.  127,  comma  1,  Cost.)  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri (c.f.  80188230587),  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587) presso i  cui
uffici domicilia in  Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12  telefax  n.
06.96.51.40.00;  indirizzo   PEC   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it
giusta delibera del Consiglio dei ministri  adottata  nella  riunione
del 7 agosto 2020, ricorrente; 
    Contro la Regione autonoma Sardegna, in  persona  del  Presidente
della Giunta regionale in carica, intimata; 
    per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
della legge Regione Sardegna, del 13 luglio 2020, n.  21,  pubblicata
nel BUR n. 40 del 13 luglio 2020, recante «norme  di  interpretazione
autentica del Piano paesaggistico regionale»; 
    per violazione degli articoli 3, 9, 117, primo e  secondo  comma,
lettera s), e del principio di leale  collaborazione,  per  contrasto
con il Codice dei beni culturali e del paesaggio di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Con la legge 13 luglio 2020, n. 21, la Regione autonoma  Sardegna
ha  emanato   «norme   di   interpretazione   autentica   del   Piano
paesaggistico regionale». 
    In particolare, l'art. 1, comma 1, dispone che: 
        «1. La Regione autonoma della Sardegna esercita  le  funzioni
amministrative  a  essa  trasferite  dall'art.  6  del  decreto   del
Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480  (Nuove  norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna), e delegate dall'art. 57 del decreto del  Presidente  della
Repubblica 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n.
382, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,  n.
616), in conformita' all'art. 3, comma  1,  lettera  f)  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), senza pianificazione congiunta con il Ministero per i beni
e le attivita' culturali e per  il  turismo  sui  beni  paesaggistici
diversi da quelli di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c)  e  d)
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137).  Conseguentemente  il  Piano  paesaggistico  regionale
(PPR),  primo  ambito  omogeneo  e  le  relative  Norme  tecniche  di
attuazione (NTA) approvati con il D.P.Reg. 7 settembre 2006,  n.  82,
dalla data di entrata in vigore  del  decreto  legislativo  26  marzo
2008, n. 63 (Ulteriori  disposizioni  integrative  e  correttive  del
decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42,  in  relazione   al
paesaggio), il cui art. 2, comma 1, lettera e) ha  sostituito  l'art.
135 del decreto legislativo n. 42 del 2004, si interpreta  nel  senso
che sono in ogni caso sottratti  alla  pianificazione  congiunta  tra
Regione autonoma della Sardegna e Ministero per i beni e le attivita'
culturali e per il turismo i suddetti beni e in particolare: 
          a) la fascia costiera di cui all'art. 17, comma 3,  lettera
a) delle NTA al  PPR,  come  definita  dall'art.  19  e  disciplinata
dall'art. 20 delle medesime NTA; 
          b) i beni identitari di cui all'art. 2,  comma  1,  lettera
e),  delle  NTA  al  PPR,  come  definiti  dall'art.  6,  comma  5  e
disciplinati dall'art. 9 delle medesime NTA; 
          c) le zone agricole,  l'edificato  in  zona  agricola  come
definito dall'art. 79 delle NTA al PPR e l'edificato  urbano  diffuso
come definito dall'art. 76 delle NTA al PPR. 
    Il comma 2 dell'art. 1, prevede che: 
        «L'eccezione al divieto  di  realizzazione  di  nuove  strade
extraurbane  di  dimensioni  superiori  alle  due  corsie,  contenuta
nell'art. 20, comma 1, lettera b), punto 1), della  NTA  al  PPR,  si
interpreta nel senso che e' esclusa da tale divieto ogni opera il cui
procedimento  di  realizzazione,  con  riferimento   alla   data   di
approvazione del PPR, si trovi a uno stadio di avanzamento nel  quale
e' in corso la procedura di valutazione di impatto  ambientale  e  le
opere che  si  trovino  a  uno  stadio  piu'  avanzato.  La  medesima
eccezione  si  interpreta  nel  senso  che,  se  l'opera   aveva   le
caratteristiche  per  essere  esclusa  dal  divieto  alla   data   di
approvazione del PPR, continua a essere esclusa dal divieto anche  in
caso   di   variante,   purche'   le   caratteristiche   generali   e
identificative dell'intervento non siano mutate, tenendo anche  conto
dell'art. 46, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica  8
giugno 2001, n. 327 (Testo unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia  di  espropriazione  per  pubblica  utilita'
(Testo A))». 
    Il successivo comma, 3 stabilisce che: 
        «L'asse  viario  Sassari-Alghero  e,   in   particolare,   la
realizzazione nello sviluppo geometrico a quattro corsie del lotto n.
1,  costituisce  un'infrastruttura  determinante  per  assicurare  lo
sviluppo sostenibile del territorio ai sensi dell'art. 143, comma  1,
lettera h),  del  decreto  legislativo  n.  42  del  2004  ed  assume
carattere strategico, essendo di  preminente  interesse  nazionale  e
regionale. A tale infrastruttura,  la  cui  progettazione  a  quattro
corsie a  tutti  gli  effetti  coincide,  nelle  sue  caratteristiche
generali e identificative,  con  quella  gia'  sottoposta  con  esito
favorevole  alle  pregresse  valutazioni  di  impatto  ambientale   e
autorizzazioni  paesistico-ambientali,  si  applicano   pertanto   le
deroghe previste nell'art. 20, comma 1, lettera b),  punto  1)  delle
NTA al PPR». 
    In sintesi, il primo comma dell'art. 1 prevede  che  le  funzioni
amministrative trasferite alla Regione Sardegna o ad essa delegate in
materia paesaggistica sono esercitate in  piena  autonomia  sui  beni
paesaggistici  diversi  da  quelli  che  costituiscono   oggetto   di
copianificazione obbligatoria ai sensi dell'art. 135,  comma  1,  del
Codice dei beni culturali e  paesaggistici  emanato  con  il  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sulla base di questo presupposto,
la norma regionale afferma che a far data dalla data  di  entrata  in
vigore del decreto  legislativo  26  marzo  2008,  n.  63  (Ulteriori
disposizioni integrative e  correttive  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), che  con  l'art.  2,
comma 1, lettera e) ha sostituito l'art. 135 del decreto  legislativo
n. 42 del 2004, il Piano paesaggistico regionale e le relative  Norme
tecniche  di  attuazione,  approvati  con  D.P.Reg.  n.  82/2006,  si
interpretano nel senso che sono sottratti  alla  copianificazione  le
categorie di beni dalla stessa norma elencati. 
    Le disposizioni di carattere generale contenute  nel  comma  2  e
quelle specifiche contenute nel comma 3, si  inseriscono  nell'ambito
del  procedimento  di  VIA  della  SS   291   c.d.   «della   Nurra»,
relativamente ai lavori di costruzione  del  Lotto  1  da  Alghero  a
Olmedo e del Lotto 4 tra il bivio di Olmedo e l'Aeroporto di Alghero,
nel  cui  ambito  si  sono  espressi   negativamente   il   Ministero
dell'ambiente, del territorio e del mare ed il Ministero per i beni e
le attivita' culturali e per il turismo, ed il relazione  alla  quale
in data 28 luglio 2020 il Consiglio dei  ministri  ha  deliberato  di
superare i dissensi emersi, ai sensi dell'art. 5,  comma  2,  lettera
c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400,  ai  fini  dell'ulteriore
corso del procedimento relativo ai lavori  di  costruzione  di  detta
opera stradale. 
    Il comma 2 dell'art.  1  disciplina  l'eccezione  al  divieto  di
realizzazione di nuove strade  extraurbane  di  dimensioni  superiori
alle due corsie, contenuta nell'art. 20, comma 1, lettera  b),  punto
1), delle NTA al PPR, precisando che l'eccezione  si  interpreta  nel
senso che tale divieto  non  trova  applicazione  per  le  opere  con
procedura di VIA in corso o in stadio  piu'  avanzato  alla  data  di
approvazione del piano regionale o in caso di varianti di opere  gia'
escluse dal divieto. Il comma 3 precisa  infine  che  l'eccezione  al
divieto di realizzazione di nuove strade  extraurbane  di  dimensioni
superiori alle due corsie, di cui  al  predetto  art.  20,  comma  1,
lettera b), punto 1), della NTA al PPR, si applica all'infrastruttura
denominata «asse viario Sassari-Alghero», compreso il Lotto 1. 
    Le suddette disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime,
in quanto eccedono l'ambito della competenza statutaria della Regione
autonoma della Sardegna, violando gli articoli 3,  9,  117,  primo  e
secondo comma, lettera s) ed il principio  di  leale  collaborazione,
per contrasto con la disciplina recata dal Codice dei beni  culturali
e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  propone,  pertanto,  il
presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' dell'art. 1, della legge regionale 13 luglio  2020,
n. 21, per violazione degli articoli 9 e 117, secondo comma,  lettera
s),  della  Costituzione,  in  riferimento  all'art.  3  della  legge
costituzionale n. 3 del 1948 (Statuto speciale per la Sardegna), come
attuato mediante il decreto del Presidente della  Repubblica  n.  480
del 1975, in relazione agli articoli 135, 143, 145 e 156 del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio). 
    1.1. L'art. 3, lettera f), dello Statuto speciale  della  Regione
autonoma della Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3)
attribuisce alla Regione potesta' legislativa in materia di «edilizia
e urbanistica»; l'art. 6 decreto del Presidente della  Repubblica  22
maggio 1975,  n.  480  («Nuove  norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della Regione autonoma  della  Sardegna»)  trasferisce  alla
Regione alcune competenze gia' esercitate dagli organi del  Ministero
della pubblica istruzione, poi attribuite al  Ministero  per  i  beni
culturali e ambientali. 
    Lo stesso  art.  3  dello  Statuto  speciale  stabilisce  che  la
potesta' legislativa regionale in materia di edilizia  e  urbanistica
deve essere esercitata «In armonia con la Costituzione e  i  principi
dell'ordinamento giuridico della  Repubblica  e  col  rispetto  degli
obblighi internazionali e degli interessi  nazionali,  nonche'  delle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica»,
e quindi, necessariamente nel rispetto delle  previsioni  del  Codice
dei  beni  culturali   e   del   paesaggio,   dettate   dallo   Stato
nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Cio' premesso, si evidenzia che la normativa regionale  in  esame
e' lesiva dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, che
riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva  in  materia  di
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali»,  in
quanto consente alla regione di  intervenire  unilateralmente  e  non
attraverso lo strumento della pianificazione condivisa prevista,  per
i beni vincolati, dagli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n.
42  del   2004,   che   costituiscono   norme   di   grande   riforma
economica-sociale vincolanti anche le regioni ad autonomia speciale. 
    Invero, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha  puntualizzato  il
ruolo e le attribuzioni del legislatore nazionale con  riguardo  alle
previsioni dello Statuto speciale della Regione Sardegna,  affermando
che «Il legislatore  statale  conserva  il  potere  di  vincolare  la
potesta'  legislativa  primaria  dell'autonomia  speciale  attraverso
l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali".
E cio' anche sulla base - per quanto  qui  viene  in  rilievo  -  del
titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art.  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  comprensiva  tanto  della  tutela   del
paesaggio quanto  della  tutela  dei  beni  ambientali  e  culturali»
(sentenza n. 178 del 2018). 
    E' percio' indubbio che la Regione Sardegna non gode di  potesta'
normativa primaria  in  materia  di  tutela  del  paesaggio,  che  e'
attribuita in via esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, in quanto lo Statuto  speciale,  come
detto, attribuisce  alla  regione  competenza  legislativa  esclusiva
nella diversa materia  «edilizia  ed  urbanistica»,  che  corrisponde
sostanzialmente a quella del «governo del territorio»,  in  relazione
alla quale le Regioni a  statuto  ordinario  dispongono  di  potesta'
legislativa concorrente (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.). 
    E' pur vero che l'art. 6, comma 2,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 maggio 1975, n.  480  (Nuove  norme  d'attuazione
dello Statuto speciale della Regione autonoma  della  Sardegna),  nel
definire i  confini  delle  competenze  esclusive  della  Regione  in
materia di «edilizia ed urbanistica»le attribuisce anche la redazione
e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art.  5
della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Tale competenza,  tuttavia,  era
riconosciuta anche a tutte le regioni ordinarie  sin  dall'emanazione
del decreto del Presidente della Repubblica 15  gennaio  1972,  n.  8
(art.  1,  quarto  comma),  senza  che  cio'  potesse  implicare  una
competenza normativa in materia di tutela del  paesaggio,  da  sempre
appartenente in via esclusiva allo Stato (salvo eventuali  previsioni
piu' favorevoli contenute negli Statuti di autonomia per le regioni a
statuto speciale e le province autonome). 
    La stessa legge n. 431 del 1985 (c.d. «legge Galasso»),  oltre  a
estendere il  vincolo  di  tutela  inerente  a  zone  di  particolare
interesse  ambientale  a  tutto  il  territorio  nazionale,   prevede
espressamente che le  regioni  sottopongano  «a  specifica  normativa
d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio  mediante
la redazione di piani paesistici o di piani  urbanistico-territoriali
con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali». 
    Codesta Corte costituzionale ha chiarito la natura e  la  portata
delle attribuzioni spettanti alla  Regione  Sardegna  in  materia  di
«edilizia ed urbanistica», evidenziando che «il Capo III del  decreto
del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480  (Nuove  norme
di attuazione dello Statuto speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna), intitolato "Edilizia ed urbanistica", concerne non solo le
funzioni di tipo  strettamente  urbanistico,  ma  anche  le  funzioni
relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti,  l'art.  6,
al comma 1, dispone espressamente che "sono trasferite  alla  Regione
autonoma della Sardegna le attribuzioni gia' esercitate dagli  organi
centrali e periferici del  Ministero  della  pubblica  istruzione  ai
sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed  attribuite  al  Ministero
dei beni culturali ed ambientali con decreto-legge 14 dicembre  1974,
n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonche' da  organi
centrali e periferici di altri ministeri". Al tempo stesso, il  comma
2 del medesimo art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
480 del 1975 prevede puntualmente che  il  trasferimento  di  cui  al
primo comma "riguarda altresi'  la  redazione  e  l'approvazione  dei
piani territoriali paesistici, di  cui  all'art.  5  della  legge  29
giugno 1939, n. 1497"»  (sentenza  n.  51  del  2006).  Nella  citata
pronuncia codesta Corte ha rimarcato peraltro che, in ogni  caso,  le
norme fondamentali statali emanate in materia - come  il  Codice  dei
beni culturali e del paesaggio - continuano ad imporsi al  necessario
rispetto del legislatore  della  Regione  Sardegna  che  eserciti  la
propria competenza statutaria nella materia edilizia ed urbanistica. 
    Con la successiva sentenza n. 308 del  2013,  codesta  Corte,  in
merito  alla  legittimita'  di  norme  di  interpretazione  autentica
emanate dalla Regione  Sardegna,  ha  riaffermato  il  principio  del
limite alla potesta' normativa regionale  derivante  dalle  norme  di
grande riforma economica sociale statali in  materia  di  tutela  del
paesaggio, tra le quali il principio di copianificazione obbligatoria
per i beni  paesaggistici,  previsto  dall'art.  135  del  Codice  di
settore, come novellato nel 2008. 
    Alla stregua dei suddetti principi, e' evidente  che  la  Regione
Sardegna non ha una  competenza  normativa  primaria  in  materia  di
tutela dei beni paesaggistici (non prevista  dallo  Statuto),  ma  ha
piuttosto   competenza   in   ordine   all'elaborazione   del   Piano
paesaggistico, limitata a quella  componente  di  pianificazione  che
puo'   astrattamente   essere    ricondotta    alla    pianificazione
urbanistico-edilizia, e percio' alla materia di  competenza  primaria
che deve essere esercitata nei limiti derivanti dall'esercizio  della
potesta' statale in materia di paesaggio. 
    In questo senso  deve  essere  letta  l'affermazione  di  codesta
Corte, contenuta nella predetta sentenza n. 51 del 2006,  secondo  la
quale «Tenendo presente che le  norme  di  attuazione  degli  statuti
speciali possiedono un sicuro  ruolo  interpretativo  ed  integrativo
delle stesse  espressioni  statutarie  che  delimitano  le  sfere  di
competenza delle regioni ad autonomia speciale e non  possono  essere
modificate  che  mediante   atti   adottati   con   il   procedimento
appositamente previsto negli statuti, prevalendo in  tal  modo  sugli
atti legislativi ordinari (secondo quanto  ha  piu'  volte  affermato
questa Corte: si vedano, fra le molte, le sentenze n. 341  del  2001,
n. 213 e n. 137 del  1998),  e'  evidente  che  la  Regione  Sardegna
dispone, nell'esercizio delle proprie competenze statutarie  in  tema
di edilizia ed  urbanistica,  anche  del  potere  di  intervenire  in
relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale.  Cio'  sia  sul
piano  amministrativo  che  sul  piano  legislativo  (in  forza   del
cosiddetto "principio del  parallelismo"  di  cui  all'art.  6  dello
statuto speciale), fatto salvo, in questo secondo caso,  il  rispetto
dei limiti espressamente individuati nell'art. 3 del medesimo statuto
in  riferimento  alle  materie  affidate  alla  potesta'  legislativa
primaria della  Regione  (l'armonia  con  la  Costituzione  e  con  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica  e  il  rispetto
degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica)». 
    La competenza primaria riconosciuta dallo Statuto  speciale  alla
Regione in materia di governo del territorio non implica affatto  una
competenza primaria in materia di tutela  del  paesaggio,  in  quanto
cio' significherebbe  sconfessare  e  scardinare  i  capisaldi  della
giurisprudenza costituzionale, che non solo  ha  sempre  distinto  le
diverse competenze in  tali  materie,  ma  ha  legato  saldamente  le
competenze in materia di  paesaggio  e  di  ambiente  (come  previsto
all'art. 117, secondo comma, lettera s), della  Costituzione),  anche
sulla base dell'art. 9 della stessa Costituzione, che  conferisce  al
paesaggio valore primario e assoluto (Corte cost. n. 367 del 2007). 
    Se  prima  della  riforma  costituzionale  del  2001  la   tutela
dell'ambiente  e'  stata  considerata  come  un  valore  di   rilievo
costituzionale, in quanto  sussunto  nel  concetto  di  paesaggio,  e
collocato tra i  principi  fondamentali  della  Repubblica,  dopo  la
riforma del  Titolo  V  della  Costituzione  la  Corte  non  solo  ha
delineato in negativo il nuovo significato di  paesaggio,  ma  lo  ha
collegato anche chiaramente all'ambiente. 
    Come esplicitato nella sentenza n. 367  del  2007,  il  paesaggio
tutelato dall'art. 9 della Costituzione  e'  «l'insieme  delle  cose,
beni  materiali,  o  le  loro  composizioni,  che  presentano  valore
paesaggistico» ed e' «innanzitutto, la  morfologia  del  territorio",
cio' che "riguarda ... l'ambiente nel suo aspetto visivo». 
    Mentre ambiente e paesaggio si compenetrano uno con  l'altro,  la
tutela  del  paesaggio  resta  invece  distinta  dal   «governo   del
territorio», pur avendo ambiti in comune, in particolare  per  quanto
riguarda l'attivita' di pianificazione. 
    Al  riguardo,  codesta  Corte  ha  riconosciuto   la   prevalenza
dell'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, rimarcando
che: «sul territorio vengono a gravare piu' interessi pubblici: da un
lato, quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica,
la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, in base all'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost.; dall'altro, quelli  riguardanti  il
governo del territorio e la  valorizzazione  dei  beni  culturali  ed
ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati,  in  virtu'
del terzo comma dello stesso art. 117,  alla  competenza  concorrente
dello Stato e delle regioni. In definitiva, si "tratta di due tipi di
tutela, che ben possono essere coordinati fra loro,  ma  che  debbono
necessariamente restare distinti" (cosi' la citata  sentenza  n.  367
del 2007). Ne consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato
e regione in materia di paesaggio, la "separatezza tra pianificazione
territoriale ed urbanistica,  da  un  lato,  e  tutela  paesaggistica
dall'altro",  prevalendo,  comunque,   "l'impronta   unitaria   della
pianificazione paesaggistica" (sentenza  n.  182  del  2006).  E'  in
siffatta piu' ampia prospettiva che, dunque, si colloca il  principio
della "gerarchia"  degli  strumenti  di  pianificazione  dei  diversi
livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del decreto  legislativo
n. 42 del 2004» (sentenza n. 180 del 2008). 
    L'attribuzione  alla   Regione   Sardegna   di   una   competenza
legislativa primaria in materia di tutela  del  paesaggio,  enucleata
dalla   materia   governo   del    territorio,    sarebbe    peraltro
discriminatoria nei confronti delle altre regioni a statuto speciale,
sia di  quelle  che  contemplano  espressamente  tale  materia  nello
statuto (per esempio, la Sicilia e la Valle d'Aosta)  sia  di  quelle
che non la contemplano (per esempio, Friuli-Venezia Giulia). 
    Con  riferimento  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,   avente
competenza primaria in materia urbanistica,  ma  non  in  materia  di
paesaggio, codesta Corte ha affermato che: «La Regione Friuli-Venezia
Giulia, come del  resto  riconosce  la  sua  stessa  difesa,  non  ha
competenza primaria nella materia della tutela del paesaggio,  ma  ha
solo la facolta', ai sensi  dell'art.  6  dello  statuto  speciale  e
dell'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2007,  n.  34  (Norme  di
attuazione   dello   statuto   speciale   della   Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia, in materia di beni culturali e paesaggistici),
di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi
statali, emanando norme di integrazione e di attuazione. Fatta questa
premessa, deve rilevarsi come questa Corte abbia piu' volte  ribadito
che il paesaggio  deve  essere  considerato  un  valore  primario  ed
assoluto e che la tutela apprestata dallo Stato costituisce un limite
alla disciplina che le regioni e le province autonome possono dettare
nelle materie di loro competenza (sentenze nn. 437 e  180  del  2008,
nn. 378 e 367 del 2007). Si e' piu' volte affermato che,  in  materia
di tutela  dell'ambiente  e  del  paesaggio,  la  disciplina  statale
costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle  regioni,
ordinarie o a statuto speciale, e dalle province  autonome  (sentenze
n. 272 del 2009 e n. 378  del  2007).  Inoltre,  di  recente,  si  e'
chiarito che la dizione ora riportata, cosi' come quella  piu'  volte
usata  in  precedenza,  secondo  la  quale,  in  materia  di   tutela
dell'ambiente, lo Stato stabilisce "standard  minimi  di  tutela"  va
intesa nel senso che lo Stato assicura una  tutela  "adeguata  e  non
riducibile" dell'ambiente (sentenza n. 61 del  2009)  valevole  anche
nei confronti delle regioni  a  statuto  speciale  e  delle  province
autonome. Infine, anche con  specifico  riferimento  al  procedimento
volto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, questa Corte  ha
affermato che «non e' consentito introdurre deroghe agli istituti  di
protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme valevole su
tutto il territorio nazionale nel cui ambito deve  essere  annoverata
l'autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 232 del 2008)» (sentenza
n. 101 del 2010). 
    Dal descritto quadro giurisprudenziale e normativo si evince  che
la materia «edilizia ed urbanistica» include anche la possibilita' di
incidere sulla pianificazione del paesaggio in senso  lato,  salvi  i
limiti delle norme statali di grande riforma  economico-sociale  (tra
le quali va annoverato il principio di copianificazione, di cui  agli
articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice di settore),  senza  peraltro
riconoscere alla regione una potesta' legislativa primaria in materia
di tutela paesaggistica in senso proprio (ossia di  individuazione  e
sottoposizione a tutela dei beni paesaggistici), che non e'  prevista
dal relativo Statuto. 
    Tale conclusione emerge con chiarezza dalla sopra citata sentenza
n. 178 del 2018 con la quale codesta Corte, in una visione di sintesi
complessiva, ha  ripercorso  l'evoluzione  normativa  ed  i  principi
costituzionali via via affermati allorche' si e'  occupata,  anche  a
seguito della riforma costituzionale  del  Titolo  V,  dei  conflitti
insorti tra lo Stato e la Regione Sardegna in materia di paesaggio. 
    In particolare, e' stato ritenuto  che:  «Questa  Corte  ha  gia'
avuto modo di affermare, anche di recente,  proprio  con  riferimento
alla  Regione  autonoma  della  Sardegna,   che   «la   conservazione
ambientale e paesaggistica spetta,  in  base  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato [e che ] le
disposizioni del  Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  si
impongono al rispetto del legislatore della  Regione  autonoma  della
Sardegna, anche in considerazione  della  loro  natura  di  norme  di
grande riforma economico-sociale e  dei  limiti  posti  dallo  stesso
statuto sardo alla potesta' legislativa regionale  (sentenze  n.  210
del 2014 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 103 del 2017)». 
    In relazione a tale giudizio, relativo agli usi civici (sui quali
peraltro alla Regione Sardegna spetta  la  competenza  esclusiva,  ai
sensi dell'art. 3, comma 1, lettera n), dello Statuto) codesta  Corte
ha comunque censurato la normativa regionale impugnata, in quanto  la
Regione autonoma ha proceduto in via unilaterale, e non attraverso la
pianificazione  condivisa  conformemente  a  quanto  previsto   dagli
articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004. 
    Inoltre,  in  virtu'  del  nesso  di  interdipendenza  funzionale
esistente tra la competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela del paesaggio e la competenza regionale  primaria  in  materia
edilizia e urbanistica, codesta Corte ha evidenziato l'importanza del
ricorso  all'istituto  della  concertazione  istituzionale,   ed   ha
affermato che: «in ogni caso, in presenza di piu'  competenze,  quale
quella dello Stato in materia  ambientale,  e  quella  della  Regione
autonoma della Sardegna in materia  edilizia  ed  urbanistica,  cosi'
intrecciate ed  interdipendenti  in  relazione  alla  fattispecie  in
esame, la concertazione in sede legislativa ed amministrativa risulta
indefettibile per prevenire  ed  evitare  aporie  del  sistema  ...Il
legislatore statale conserva  il  potere  di  vincolare  la  potesta'
legislativa primaria dell'autonomia speciale attraverso  l'emanazione
di leggi qualificabili come «riforme economico-sociali». E cio' anche
sulla base - per  quanto  qui  viene  in  rilievo  -  del  titolo  di
competenza   legislativa   nella   materia   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art.  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  comprensiva  tanto  della  tutela   del
paesaggio quanto della tutela dei beni  ambientali  e  culturali.  Da
cio' deriva che il legislatore della Regione autonoma della  Sardegna
non puo' esercitare unilateralmente la propria competenza  statutaria
nella materia edilizia e urbanistica quando siano in gioco  interessi
generali riconducibili alla predetta competenza esclusiva  statale  e
risultino  in   contrasto   con   norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale». 
    1.2. La legge regionale impugnata si pone  in  contrasto  con  le
norme ed i principi sopra illustrati. 
    L'art.  1,  comma  1,  prevede  che  le  funzioni  amministrative
trasferite o delegate alla Regione in materia paesaggistica, sono  da
essa esercitate in piena autonomia sui beni paesaggistici diversi  da
quelli oggetto di copianificazione obbligatoria  ai  sensi  dell'art.
135, comma 1, del Codice dei beni culturali e paesaggistici di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. In applicazione  di  tale
principio, la citata disposizione stabilisce che, a  far  data  dalla
novella del 2008 al citato art. 135 del Codice di settore,  il  Piano
paesaggistico  e  le  relative  Norme  tecniche  di   Attuazione   si
interpretano  nel  senso  che  sono  in  ogni  caso  sottratti   alla
copianificazione le seguenti categorie di beni: 
        a) la fascia costiera di cui all'art. 17,  comma  3,  lettera
a), delle NTA al PPR,  come  definita  dall'art.  19  e  disciplinata
dall'art. 20 delle medesime NTA; 
        b) i beni identitari di cui all'art. 2, comma 1, lettera  e),
delle NTA al PPR, come definiti dall'art. 6, comma 5  e  disciplinati
dall'art. 9 delle medesime NTA; 
        c) le  zone  agricole,  l'edificato  in  zona  agricola  come
definito dall'art. 79 delle NTA al PPR e l'edificato  urbano  diffuso
come definito dall'art. 76 delle NTA al PPR. 
    In  tal  modo  il  legislatore  sardo  ha  inteso   limitare   la
copianificazione con lo Stato ai soli beni oggetto di  pianificazione
obbligatoria; pertanto, ha sottratto  alla  pianificazione  congiunta
con lo Stato  i  beni  paesaggistici  «diversi»  da  quelli  indicati
dall'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d),  del  Codice,  fornendo,
nella parte finale dello stesso comma 1,  un  elenco  delle  relative
fattispecie  come  individuate  dal   vigente   Piano   paesaggistico
regionale. 
    Con riferimento ai predetti beni paesaggistici,  che  la  regione
pretende di escludere  dalla  copianificazione  obbligatoria  con  lo
Stato, interessa evidenziare che il Piano paesaggistico  regionale  -
Primo ambito  omogeneo  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  fu
approvato il 5 settembre 2006, sulla base dell'allora  vigente  primo
correttivo del Codice (decreto legislativo 24 marzo  2006,  n.  157),
che, ai sensi dell'art 134, comma 1, lettera c) nel testo previgente,
consentiva  alle  Regioni  di  tipizzare  e  individuare  particolari
categorie di beni paesaggistici diversi dai beni paesaggistici  degli
articoli 136 e 142. 
    L'art. 134, comma 1, nel testo vigente prima  della  novella  del
2008,  comprendeva,  infatti,  tra  i  beni  paesaggistici  anche  la
seguente  categoria  di  beni:  «gli  immobili  e  le  aree  comunque
sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti  dagli  articoli
143 e 156» (lettera c). 
    Tale categoria  «speciale»  di  beni  paesaggistici  tipizzati  e
individuati,  tuttavia,  non  e'  stata  fatta  salva   dal   decreto
legislativo 26 marzo 2008,  n.  63,  che  ha  riformulato  la  citata
lettera c)  dell'art.  134,  nei  termini  seguenti:  «gli  ulteriori
immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'art. 136 e
sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti  dagli  articoli
143 e 156». In tal modo il legislatore ha previsto la possibilita' di
introdurre  con   lo   stesso   piano   paesaggistico   provvedimenti
sostanzialmente di tutela individuale e  mirata  di  singoli  beni  o
complessi  (come  previsto  dall'art.  136),  mentre  non   e'   piu'
contemplata la possibilita'  di  individuare  con  il  piano  aree  o
categorie di immobili da assoggettare a tutela,  al  di  fuori  dello
schema proprio del vincolo provvedimentale. 
    I beni indicati nell'art. 134, comma 1, lettera  c)  del  decreto
legislativo n. 42/2004, sono quelli  che,  ai  sensi  dell'art.  143,
comma 1, lettera d), dello stesso decreto, devono  essere  ricompresi
nel piano paesaggistico, e per i quali, l'art. 135 del Codice prevede
l'obbligo della copianificazione. 
    In forza delle suddette previsioni, sussiste, quindi, un  obbligo
di pianificazione congiunta con lo Stato per i beni paesaggistici  di
cui all'art. 134, inclusi quelli di cui alla lettera c). 
    La disciplina  cosi'  introdotta  si  riferisce  direttamente  ai
«nuovi» beni paesaggistici di cui  alla  predetta  lettera  c),  come
sostituita dal «correttivo» del 2008. Non si puo'  tuttavia  dubitare
del fatto che la medesima disciplina - e specificamente l'obbligo  di
copianificazione - debba necessariamente  applicarsi  anche  ai  beni
paesaggistici gia' individuati sulla base della  precedente  versione
della medesima lettera c). E cio' in quanto, una volta individuati, i
predetti  beni  sono  qualificati  ai  sensi  di  legge   come   beni
paesaggistici e rimangono pertanto integralmente soggetti  al  regime
di tutela. 
    Costituisce,  infatti,  principio  cardine  della  materia  della
tutela del paesaggio, da sempre affermato dalla Corte costituzionale,
quello della natura sostanzialmente ricognitiva  del  vincolo  (Corte
cost. n. 56 del 1968). Codesta Corte  ha  infatti  sottolineato  come
l'attivita'    dell'Amministrazione    abbia    valenza     meramente
ricognitoria,  in  quanto  «gli  immobili  qualificati  di   bellezza
naturale hanno valore paesistico  per  una  circostanza  che  dipende
dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che
ha in modo coessenziale le qualita' indicate dalla legge». Il vincolo
opera quindi una volta per tutte l'accertamento  della  presenza  nel
bene dei caratteri di pregio, e non e'  conseguentemente  revocabile,
neppure mediante un eventuale successivo  piano  paesaggistico  (cfr.
art. 140, comma 2), atteso che al piano spetta soltanto il compito di
dettare la «disciplina d'uso» dei beni tutelati. 
    Poiche' i beni individuati dal piano paesaggistico della Sardegna
ai sensi dell'art. 134, comma 1, lettera c), nel testo vigente  prima
della novella del 2008, rientrano ormai a pieno  titolo  tra  i  beni
paesaggistici,   gli   stessi   sono   necessariamente   oggetto   di
copianificazione obbligatoria ai sensi del Codice dei beni  culturali
e  paesaggistici  e  la  regione  non  puo',   pertanto,   sottrarli,
autonomamente, alla pianificazione congiunta. 
    La norma regionale si pone,  pertanto,  in  contrasto  anche  con
l'art. 156 del Codice, in quanto essa non tiene conto dell'obbligo di
copianificazione finalizzata  alla  verifica  e  all'adeguamento  del
vigente piano paesaggistico, relativamente ai predetti beni. 
    Ne' potrebbe sostenersi che la  natura  ricognitiva  del  vincolo
paesaggistico sarebbe inidonea a far conservare  la  connotazione  di
beni paesaggistici, dichiarati o vincolati ope legis, a categorie  di
beni genericamente indicate, ancorche' fossero vincolabili nel regime
previgente. Cio' al fine di affermare che, con la novella del 2008 il
legislatore statale avrebbe ritenuto non meritevoli di  tutela  detti
«vincoli per categoria». 
    Una tale impostazione si porrebbe  in  contrasto  con  i  cardini
stessi   del   sistema   ordinamentale   di   tutela   paesaggistica.
Costituisce,  infatti,  principio  immanente  alla  predetta  materia
quello della conservazione del carattere di bene  paesaggistico,  ove
lo stesso sia stato riconosciuto in base  a  legittimo  procedimento,
come incontestabilmente avvenuto, nella specie, per i beni inclusi  e
disciplinati nel e dal piano paesaggistico della Regione Sardegna. 
    L'eventuale modificazione  dei  criteri  e  delle  modalita'  per
l'individuazione  dei  beni   paesaggistici   non   puo',   pertanto,
determinare  in  nessun  caso  la  perdita  della  qualita'  di  bene
paesaggistico,  ormai  riconosciuta,  e  che  comporta  a  sua  volta
l'integrale applicazione del regime di tutela vigente (cfr. art.  157
Codice di settore). 
    In sostanza, il vincolo paesaggistico e' un  vincolo  permanente,
non suscettibile di revoca, ne' puo' sostenersi che  l'individuazione
di nuovi beni  paesaggistici  operata  mediante  il  piano  del  2006
determinerebbe una presunta incertezza sull'estensione  degli  ambiti
tutelati, atteso che questi ultimi sono,  al  contrario,  chiaramente
specificati e riportati negli elaborati di piano. 
    1.3. Le disposizioni previste dall'art.  1  dell'impugnata  legge
regionale comportano, anche un generale abbassamento del  livello  di
tutela in contrasto anche con l'art. 9 della Costituzione,  ai  sensi
del  quale  il  paesaggio  rappresenta  valore  primario  e  assoluto
(sentenza n. 367 del 2007). 
    La disciplina censurata e'  volta,  infatti,  a  consentire  alla
regione di intervenire  unilateralmente  nella  determinazione  della
disciplina  d'uso  di  beni  paesaggistici,   rimessa   invece   alla
copianificazione, che e' stata individuata dal legislatore  nazionale
quale sede appropriata per la cura  dell'interesse  alla  tutela  del
paesaggio. 
    In questa prospettiva, il  potere  che  la  Regione  pretende  di
assumere viene concretamente esercitato sulla base delle disposizioni
previste dai commi 2 e 3 dell'art. 1 della legge  regionale,  il  cui
scopo immediato e' quello di  rendere  inoperanti  specifici  divieti
contenuti nella disciplina di piano. 
    Con le censurate disposizioni viene quindi realizzata l'effettiva
compromissione dei valori tutelati, in violazione dell'art.  9  della
Costituzione. L'art. 1 della legge regionale in esame  e',  pertanto,
illegittimo per contrasto con l'art. 3 dello Statuto  speciale  della
Regione, come  attuato  mediante  il  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 480 del 1975, e con  gli  articoli  9  e  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
2. Illegittimita' dell'art. 1, della legge regionale 13 luglio  2020,
n. 21, per violazione degli articoli 3, 9 e 117, primo  comma,  della
Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo (CEDU). 
    2.1. L'impugnata normativa regionale contrasta con  il  principio
di irretroattivita' della legge,  come  enucleato  da  codesta  Corte
costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,  e  viola
il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3  della  Costituzione
ed il valore costituzionale primario della tutela del  paesaggio,  di
cui all'art. 9 della Costituzione, ponendosi  altresi'  in  contrasto
con l'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  che  impone  al
legislatore regionale di rispettare gli obblighi internazionali. 
    La  portata  retroattiva  della  legge  regionale  in  esame   e'
evidente, in quanto la regione non si limita a chiarire  l'originaria
intenzione  del  legislatore,  ma  -  a  distanza  di  ben  14   anni
dall'approvazione  del  piano  paesaggistico  -  interviene  in  modo
precettivo, imponendo  un  determinato  significato  normativo  della
disposizione  interpretata,  nel  quale  l'effetto   retroattivo   e'
logicamente incluso. 
    Si evidenzia peraltro che codesta Corte costituzionale, fin dalla
sentenza n. 118 del 1957, ha riconosciuto alle  leggi  interpretative
portata «naturalmente retroattiva», in quanto tale  portata  discende
direttamente dalla loro funzione. In ogni caso,  appare  indubitabile
che con le disposizioni censurate la regione abbia inteso  introdurre
nell'ordinamento un «quid novi, che rende obbligatorio per  tutti  il
significato normativo dato a  un  precedente  atto»  (sentenza  Corte
costituzionale n. 155 del 1990). 
    Sebbene la Costituzione riferisca espressamente il  principio  di
irretroattivita' della  legge  alla  sola  legge  penale  (art.  25),
tuttavia nel tempo  codesta  Corte  costituzionale  ha  tratto  dalla
Costituzione  i  limiti  alla  discrezionalita'  del  legislatore  di
intervenire in senso retroattivo in materia diversa da quella penale,
richiamando anzitutto i principi di ragionevolezza e di non contrasto
con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (sentenza n.
234 del 2007). 
    La normativa regionale in esame travalica senza dubbio  i  limiti
che  il  legislatore  deve   rispettare   nell'intervenire   in   via
interpretativa-retroattiva. 
    Sebbene codesta Corte  abbia  evidenziato  come  la  regione  sia
libera nel disciplinare  in  via  autonoma  i  beni  non  oggetto  di
pianificazione obbligatoria (Corte cost. n. 308 del 2013),  nel  caso
in esame tale scelta, rivendicata dalla regione,  si  traduce  in  un
generale abbassamento di tutela per tutte e tre le categorie di  beni
definite dalla norma regionale. Cio' appare, oltre che irragionevole,
anche contrario all'art. 9 della Costituzione. 
    Come  si  e'  sopra  illustrato,  i   beni   «tipizzati»,   cioe'
individuati dai piani paesaggistici ai sensi dell'art. 134, comma  1,
lettera c) prima della novella del 2008, essendo equiparati  ai  beni
paesaggistici, sono oggetto di copianificazione  obbligatoria,  e  la
regione non puo' esercitare la propria  competenza  statutaria  nella
materia  edilizia  e  urbanistica,  in   contrasto   con   le   norme
fondamentali statali emanate in materia - come  il  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio - che continuano ad imporsi  al  necessario
rispetto del legislatore della Regione Sardegna. 
    Per quanto riguarda le fasce costiere, le stesse si innestano  su
beni tutelati ope legis a far data dalla legge n. 435 del 1985  (c.d.
legge Galasso), che rivestono  un  ruolo  strategico  nel  territorio
insulare regionale, a forte vocazione turistica. 
    Le zone agricole, l'edificato  in  zona  agricola  e  l'edificato
urbano diffuso di cui alla lettera c) sono  contesti  di  particolare
fragilita' paesaggistica, rispetto ai quali opportunamente  il  piano
paesaggistico ha dettato  una  disciplina  di  tutela,  correttamente
interpretando la propria  funzione  di  tutela  in  senso  ampio  dei
«paesaggi», secondo l'impostazione sottesa  alla  Convezione  europea
del paesaggio del 2000 (ratificata mediante la legge 9 gennaio  2006,
n. 14). 
    Scopo  della  norma  regionale  «interpretativa»  risulta  dunque
quello di sottrarre intere  categorie  di  beni  alla  disciplina  di
tutela stabilita nelle NTA del piano paesaggistico, in contrasto  con
lo  spirito   stesso   della   normativa   specifica,   che   intende
regolamentare  le  trasformazioni  del  territorio,  preservandone  i
caratteri   peculiari   di   pregio   paesaggistico,    e    comporta
l'illegittimita'  costituzionale  della   normativa   regionale   per
superamento dei predetti limiti individuati da codesta Corte. 
    2.2. La norma e' illegittima anche per violazione  del  principio
di irretroattivita' previsto nella Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo, secondo gli insegnamenti della Corte europea  dei  diritti
dell'uomo, che ha ricondotto tale principio nell'ambito  dell'art.  6
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, che prevede il diritto a un equo  processo  e,
come suo corollario, il principio di  parita'  delle  armi;  principi
validi anche fuori dall'ambito penale. 
    Le norme  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali devono essere  intese
secondo il significato ad esse attribuito  dalla  Corte  europea  dei
diritti  dell'uomo,  «specificatamente  istituita  per  dare  a  esse
interpretazione e applicazione» (sentenza Corte costituzionale n. 348
del 2007). 
    La Corte europea dei diritti dell'uomo ha gia' censurato norme di
interpretazione  autentica  di  portata  retroattiva  allorquando  le
stesse   costituiscono   un'ingerenza    del    potere    legislativo
nell'amministrazione della giustizia, avendo lo scopo di  influenzare
l'esito di  una  controversia  (Raffinerie  greche  Stran  e  Stratis
Andreatis c. Grecia) orientandolo in proprio favore (Papageorgiou  c.
Grecia), riconoscendo  la  responsabilita'  del  legislatore  che  si
ingerisce in un processo influenzandone l'esito (Ducret c. Francia). 
    La Corte europea dei diritti dell'uomo ha  riconosciuto  talvolta
le ingerenze del legislatore  ammissibili,  in  presenza  di  «motivi
imperativi di interesse generale»  (National  &  Provincia)  Building
Society et al. c. Regno Unito). Appare evidente che nel caso in esame
tali motivi non sussistono. 
    Come gia' chiarito nella premessa del presente ricorso,  infatti,
le disposizioni di carattere generale contenute nel comma 2 e  quelle
specifiche contenute nel comma  3,  si  inseriscono  nell'ambito  del
procedimento di VIA della SS 291 c.d. «della Nurra», relativamente ai
lavori di costruzione del Lotto 1 da Alghero a Olmedo e del  Lotto  4
tra il bivio di Olmedo e l'Aeroporto di Alghero, nel  cui  ambito  si
sono  espressi  negativamente   il   Ministero   dell'ambiente,   del
territorio e del mare ed il Ministero  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali e per il turismo,  con  conseguente  ricorso  al  Tribunale
amministrativo regionale da parte della regione, ed in  relazione  al
quale,  in  data  28  luglio  2020,  il  Consiglio  dei  ministri  ha
deliberato di superare i dissensi emersi, ai sensi dell'art. 5, comma
2, lettera c-bis), della legge  23  agosto  1988,  n.  400,  ai  fini
dell'ulteriore  corso  del  procedimento  relativo   ai   lavori   di
costruzione di detta opera stradale. 
    La norma e' pertanto illegittima anche per violazione dell'art. 6
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, come  interpretato  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, in base al quale il legislatore  (in  questo  caso
regionale) non puo',  quando  esso  e'  parte  di  una  controversia,
approfittare della posizione preminente attraverso un  uso  improprio
della funzione legislativa, se non in presenza di  imperativi  motivi
di interesse generale. 
3) Illegittimita' dell'art. 1, comma  1,  della  legge  regionale  13
luglio  2020,  n.  21  per  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, in relazione agli articoli 134, comma 1, lettera  c),
143, comma 2 e 156, comma 1 e comma  3  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42. 
    La Regione Sardegna ha approvato il  Primo  ambito  omogeneo  del
Piano paesaggistico  regionale,  relativo  esclusivamente  alle  aree
costiere, il 5 settembre 2006. 
    Successivamente, il 19 febbraio 2007, e' stato sottoscritto dalla
Regione con il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali  il
Protocollo d'Intesa per la verifica  e  l'adeguamento  congiunto  del
piano paesaggistico regionale - primo ambito omogeneo (ai sensi degli
articoli 143 e 156 del Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio),
nonche' per la copianificazione congiunta con lo Stato  del  relativo
secondo ambito omogeneo (comprendente le  aree  interne  dell'isola),
attivita' di copianificazione estesa all'intero territorio  regionale
(e quindi non esclusivamente ai beni paesaggistici vincolati ai sensi
del Codice di settore). 
    Inoltre, il 1° marzo 2013 e' stato sottoscritto tra la regione  e
il citato Ministero il Disciplinare attuativo del suddetto Protocollo
d'Intesa, al fine di definire le modalita' attuative  dei  lavori  di
copianificazione sia per il primo che per secondo ambito. Il predetto
Disciplinare  e'  stato  aggiornato  con  una  nuova   previsione   e
sottoscritto congiuntamente  il  18  aprile  2018.  Dall'applicazione
delle disposizioni dei suddetti Disciplinari sono  derivate  numerose
e,  a   tratti,   intense   attivita'   di   collaborazione   tecnica
istituzionale, le quali, nonostante i numerosi sforzi condotti  dagli
organi ministeriali, non si sono ancora concluse  con  l'approvazione
del piano paesaggistico verificato e adeguato alle  disposizioni  del
Codice  di  settore  e  della  sua  estensione  alle   aree   interne
dell'Isola. 
    Orbene, con la legge regionale in esame la  Regione  Sardegna  si
sottrae ingiustificatamente al proprio obbligo di redazione congiunta
con il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali  del  Piano
paesaggistico, violando il principio di  leale  collaborazione.  Come
detto, infatti, la Regione ha assunto l'impegno,  nei  confronti  del
Ministero,  di   pianificare   congiuntamente   l'intero   territorio
regionale, e non solo i beni paesaggistici vincolati. 
    Ne' puo' assumere alcun rilievo la circostanza che l'accordo  sia
stato stipulato prima del c.d. secondo correttivo al Codice del 2008.
Sia prima che dopo il predetto correttivo e' stata, infatti, prevista
la   possibilita'   di    stipulare    accordi    finalizzati    alla
copianificazione,  la  quale  peraltro  e'  sempre  obbligatoria  con
riferimento ai beni vincolati,  anche  ai  sensi  dell'art.  156  del
Codice (che non a caso prevede, in mancanza di  accordo,  l'esercizio
di poteri sostitutivi). 
    La novella del 2008 al Codice non puo' porre nel nulla un accordo
conforme al quadro normativo precedente e  successivo  ad  essa,  mai
sconfessato dalla regione, e anzi attuato mediante due disciplinari. 
    Si  ribadisce  che  la  regione   ha   assunto   l'impegno   alla
copianificazione dell'intero territorio  regionale  d'intesa  con  lo
Stato e che, in ogni caso, anche laddove non avesse  stipulato  alcun
accordo, sarebbe obbligata comunque a tale copianificazione  rispetto
ai beni paesaggistici, inclusi quelli gia' individuati per  la  prima
volta mediante il Piano paesaggistico del  2006  ai  sensi  dell'art.
134, comma 1, lettera c), pena  l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi
dello Stato (cfr. art. 143, comma 2; art. 156, comma 1 e comma 3). 
    Codesta Corte, peraltro, nella citata sentenza n. 178 del 2018 ha
richiamato,  in  virtu'  del  nesso  di  interdipendenza   funzionale
esistente tra la competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela del paesaggio e la competenza regionale  primaria  in  materia
edilizia e urbanistica, l'importanza del ricorso  all'istituto  della
concertazione  istituzionale,  affermando  che:  «in  ogni  caso,  in
presenza di piu' competenze, quale  quella  dello  Stato  in  materia
ambientale, e quella della Regione autonoma della Sardegna in materia
edilizia ed urbanistica,  cosi'  intrecciate  ed  interdipendenti  in
relazione  alla  fattispecie  in  esame,  la  concertazione  in  sede
legislativa ed amministrativa risulta indefettibile per prevenire  ed
evitare aporie del sistema». 
    La  legge  regionale  in  esame  viola  il  principio  di   leale
collaborazione  che,  secondo  codesta  Corte  costituzionale,  «deve
presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e  regioni»,
atteso che «la sua elasticita' e  la  sua  adattabilita'  lo  rendono
particolarmente idoneo a regolare in  modo  dinamico  i  rapporti  in
questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti»
(tra le tante, Corte costituzionale n. 31 del 2006). In  particolare,
codesta Corte ha chiarito che «il principio di leale  collaborazione,
anche in una accezione minimale, impone alle parti che  sottoscrivono
un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener  fede  ad  un
impegno assunto» (sent. n. 178/2018). 
    La Regione, pertanto, non avrebbe potuto, con una propria  legge,
sottrarsi  all'obbligo  della  pianificazione  congiunta  dell'intero
territorio regionale, assunto nei confronti dello Stato. 
    La  scelta  della  Regione  Sardegna   di   assumere   iniziative
unilaterali e reiterate, al di fuori del percorso  di  collaborazione
gia' proficuamente avviato  con  lo  Stato,  si  pone,  pertanto,  in
contrasto anche con il predetto principio di leale collaborazione. 
    Per questi  motivi  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
propone  il  presente  ricorso  e  confida  nell'accoglimento   delle
seguenti conclusioni.